Nello scorso articolo ho parlato di maturità di Ubuntu per un utilizzo professionale, mentre nell’articolo della settimana scorsa ho parlato di quella che chiamo “corsa agli aggiornamenti”.

Facendo un piccolo riassunto della situazione, tante persone lo ritengono maturo per un uso professionale, altre lo ritengono superiore in tutto a meno del noto gap lato gaming ( a proposito, ma dopo Steam OS etc, a che punto siamo? ), altre invece ritengono migliore qualche altra soluzione. Lato aggiornamenti poi non spaventa la frammentazione a fronte di una maggiore sicurezza e di nuove feature nei programmi.
In tutto questo però viene da chiedermi se chi adotta Linux e l’open source lo faccia perché ne condivida lo spirito e l’etica o se lo faccia solo perché ad esempio per quanto riguarda Ubuntu, è gratuito.

Open source non è sinonimo di gratuito!

Che ad oggi ancora si pensi che un programma open sia (per forza) gratuito però è abbastanza sintomatico di una carenza culturale informatica. La libertà di poter accedere e modificare i sorgenti di un programma e riutilizzarli anche in ambito commerciale è importante tanto quanto il vedere il proprio lavoro apprezzato e regolarmente pagato.
Chi lavorando tante ore su un qualcosa proverebbe piacere se gli fosse preteso di regalare il risultato senza batter ciglio?

Mancanza di cultura?

La libertà di poter accedere al codice sorgente, di poter vedere come è stato sviluppato e che cosa fa è importante sia dal punto di vista professionale per effettuare modifiche o riutilizzare parti del software da implementare in un nuovo progetto, sia per l’utente finale che può contare sulla trasparenza del programma in qualsiasi momento.
Sarebbe importante istruire i ragazzi fin da piccoli all’adozione e alla comprensione dell’open source, sul pensiero che muove tanti sviluppatori, sull’importanza di utilizzare e conoscere quante più soluzioni possibili per poter fare un confronto e scegliere quello ritienuto più opportuno.

Oltre il risparmio

In ambito aziendale è comprensibile che l’adozione di sistemi operativi GNU/Linux sia prevalentemente spinta dal risparmio economico, ma oltra al risparmio, senza una adeguata istruzione il risparmio delle licenze viene investito nel formare il personale all’utilizzo delle macchine nella maniera più produttiva possibile con un sistema operativo che ancora oggi è considerato per “hackeroni”, anche questo ha un impatto economico che se non accompagnato da una motivazione etica pone di sicuro qualche dubbio in più prima dell’eventuale passaggio di un'azienda a Linux.

In conclusione

Quanti di voi adottano Linux per questione etica e quanti per il risparmio economico delle licenze? Credete le cose debbano andare necessariamente di pari passo o che sia sufficiente anche una sola di queste? In questo senso, c’è una differenza fra l’utilizzo casalingo e quello professionale?
A voi la parola nei commenti!