I miei lettori sanno da tempo l'importanza etica di adottare software libero nell'apparato statale dalle scuole alle università, dai piccoli comuni sino all'amministrazione centrale passando per ogni piccolo ufficio.

Accanto ai motivi etici c'è anche un altro valido motivo per passare al software libero ovvero quello economico. Un motivo che in un periodo di ristrettezze economiche come quello che stiamo vivendo non può essere affatto trascurato.

Di questo aspetto si è occupato Il Fatto Quotidiano in un interessante articolo a firma di Thomas Mackinson, articolo che trovate integralmente al link Software libero, la Pa risparmierebbe 675 milioni. Ma l’osservatorio è senza risorse.

Ebbene
Assinform nel 2003 stimava una spesa globale in Ict pari a 3 miliardi di euro (1,7 per quella centrale, 1,2 per la periferica) di cui circa 675 milioni in software con licenza. Statistiche più aggiornate non ce ne sono. Ed è paradossale perché proprio l’Istituto nazionale di statistica (Istat), da cinque anni a questa parte, è progressivamente migrato verso l’Open Source con un risparmio che il responsabile dello sviluppo software Carlo Vaccari stima pari al 50%. Nel 2003 Istat spendeva 1,2 milioni di euro l’anno in software proprietario, oggi spende meno della metà e sviluppa in proprio gli applicativi e i sistemi open di cui ha bisogno.
E si avete letto bene, 675 milioni di euro che ogni anno i cittadini contribuenti pagano e che potrebbero essere risparmiati per esser destinati ad altri capitoli di spesa.
Soldi che però non si vogliono risparmiare.